In provincia di Varese
Cascina
Piano - Vini Ronchi Varesini
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L’incantevole borgo di Angera sorge di fronte a una soleggiata baia lungo la sponda meridionale del Lago Maggiore. La sua antica denominazione Angleria deriva dal latino ad glaream, che indica appunto la sua posizione “vicino alla ghiaia”. Proprio grazie alla sua fortunata esposizione al sole la città gode di un clima particolarmente mite che invoglia numerosi turisti ad accorrere sui suoi lidi soprattutto nei mesi più caldi.
Per questo motivo non stupisce che l’area di Angera fosse abitata
sin dal periodo tardo paleolitico, come comprovano i reperti ritrovati
in una grotta naturale, detta “Grotta Monica”, situata sul
colle della Rocca. Ma è con l’impero romano che Angera conobbe
i primi sensibili sviluppi, testimoniati dai ritrovamenti legati alla
venerazione del dio Mitra, risalenti al II secolo a.C. Si hanno poi ulteriori
numerose iscrizioni e lapidi che raccontano dell’importanza di questo
abitato, denominato a quel tempo Vicus Sebuinus. Infatti tra il I sec.
a.C. e il I sec. d.C. l’attuale Angera era un rilevante centro di
mercato del legname e della pregiata “pietra d'Angera”, materiale
da costruzione tutt’oggi utilizzato. A seguito delle fortune commerciali
il paese diventò il maggiore centro della provincia e prese nome,
sempre sotto il periodo imperiale romano, di Stazzona, da statio, ovvero
stazione in cui alloggiano le milizie e le flotte navali.
Nel V secolo i Goti rasero al suolo il borgo, che poi venne riedificato
dai Longobardi, dei quali si ha notizia grazie ai numerosi toponimi e
ad alcuni documenti locali.
In seguito il territorio di Stazzona divenne Contado, così come
le zone del Seprio e dell’Ossola, e venne incluso nel Ducato di
Milano sotto la potestà di Carlo Magno. Tale ducato comprendeva
l’area che partiva da Sesto Calende e saliva fino ad Ispra, per
poi estendersi maggiormente sulla sponda occidentale del lago, ove includeva
Locamo e Castelletto Ticino, per poi ascendere oltre il Verbano, sino
al Sempione e al Gottardo.
Al momento della suddivisione in pievi del ducato, Angera venne nominata
capopieve e vi venne innalzata una chiesa plebana cui facevano capo,
alla fine del Duecento, ben quindici edifici religiosi.
La Santa Sede pose a capo del feudo l’arcivescovo di Milano, il
cui potere durò dal 1250 fino all’avvento dei Visconti, i
quali dovettero lottare contro i Torriani, che cinsero d’assedio
la città nel 1276, durante la battaglia della Quassa, la cui triste
fama si deve alla razzia e alla devastazione che seguirono alla vittoria
dei Torriani. Durarono altri sessant’anni le guerre coi Visconti
per il dominio sul Ducato di Milano, guerre che videro nuove battaglie
ad Angera, di cui una portò alla parziale distruzione della Rocca,
da parte di Martino della Torre, prima della capitolazione della sua casata,
ad opera dell’arcivescovo di Milano Ottone Visconti.
A partire dal definitivo possesso visconteo del 1397 la storia di Angera fu particolarmente tormentata. L’imperatore Venceslao investì Gian Galeazze conte di Angleria e sotto il suo governo si ebbe qualche anno di pace, fino alla sua morte nel 1402, anno in cui si verificarono due nefasti eventi: la guerra civile tra guelfi e ghibellini e le scorribande dei pirati del lago, i Mazzarditi. Si presume che nel quindicesimo secolo lo status economico di Angera non fosse particolarmente roseo, viste le conseguenti immunità di gabella elargite dai Visconti nel 1412. Agli abitanti venne esentato il pagamento delle imposte al fine di consentire loro un superamento di quel periodo di magra, che era l’opposto della floridezza in cui versavano gli abitanti della sponda opposta del lago, ad Arona. Questo feudo infatti valeva, nel 1439, tre volte il prezzo pagato per Angera da Vitaliano Borromeo, banchiere e tesoriere di Francesco Sforza, quando ottenne il feudo dalla Repubblica Ambrosiana.
L’assegnazione del feudo ai Borromeo venne però contestata dagli eredi di Francesco Sforza, in particolar modo da Ludovico il Moro. Questi, nel 1497, tolse il possedimento a Gilberto Borromeo e attribuì ad Angera il titolo di città e le diede facoltà di tenere due fiere annuali e un mercato settimanale. Per tutto il Quattrocento Angera godette dei privilegi e delle esenzioni sforzesche, ma la fine dei giorni felici stava per arrivare: Carlo V discese in Italia in capo ai reggimenti francesi e il Ducato di Milano, come il resto dell’Italia, divenne campo di battaglia tra Francesi e Spagnoli. Questi ultimi risultarono vittoriosi e nel 1535, con la morte di Francesco II Sforza, il ducato di Milano divenne di loro dominio. Nei primi momenti post bellici i Borromeo, che erano stati alleati dei Francesi, ebbero difficoltà a trattare con gli Spagnoli, ma giunsero ad un accordo nel 1623, anno in cui ottennero il conferimento del feudo di Angera.
L’anno successivo fu particolarmente fruttuoso per Angera poiché, grazie ad un lascito del re Filippo di Spagna, le popolazioni di Angera e Ranco ottennero il privilegio (tuttora vigente) di poter pescare liberamente nelle acque del Lago Maggiore. Le risorse ittiche costituirono una importante fonte di sostentamento per gli abitanti durante tutto quel tempo, e soprattutto quando la Guerra dei Trent’anni flagellò l’Europa centrale, lasciando i suoi strali di fame, carestie e peste. Quest’ultima esplose e si propagò, dal 1629 al 1631, a causa dell’alloggiamento dei Lanzichenecchi ad Arona. Il morbo continuava a mietere vittime e gli abitanti di Angera decisero di invocare l’intervento divino, chiedendo misericordia dall’oppressione dell’epidemia. Così, il 4 aprile 1631, il sindaco, il console, dodici consiglieri e sessantatre capifamiglia si adunarono nella chiesa prepositurale e redassero un documento con cui fecero voto alla Madonna di mandare in processione ogni anno al Sacro Monte di Varese, se Ella avesse loro concesso “la liberazione dal terribile morbo della pestilenza, che continua a vessare e tormentare il popolo del borgo di Angera”.
Ma le sventure non erano finite: Angera patì lo svaligiamento da parte delle truppe francesi dopo la battaglia di Tornavento nel 1636, quando gli Spagnoli batterono in ritirata. Anche in questo caso gli abitanti volsero le loro preghiere alla Santa Vergine, la cui immagine dipinta una devota donna vide piangere lacrime e sangue, il giorno 27 giugno 1657. Solo dopo il 1648, con la pace di Wesfalia, il Ducato di Milano poté riposare in un lungo periodo di pace. In seguito, si ebbe la morte del re di Spagna Carlo II, con le relative guerre per successione al trono, dalle quali finì per spuntarla la Santa Alleanza, di cui era parte anche l’Impero Asburgico, che poi succedette alla Spagna nei domini italiani. Angera pertanto, in quanto appartenente al Ducato di Milano, diventò di dominio austriaco.
Per quanto concerne le aree di impiego della popolazione di Angera, la zootecnia e la pesca (quest’ultima molto rilevante sin dal passato) occupano un buon numero di abitanti. Meno praticata è l’agricoltura, il cui settore viticolo però fornisce buoni introiti alla popolazione, grazie alle coltivazioni terrazzate della Valle Castellana, dei terreni tra la Rocca e San Quirico e nei dintorni di Capronno e Barzola. Gli ottimi risultati ottenuti dal punto di vista vinicolo, hanno spinto alla produzione di vino e di acquavite, la grappa di Angera che, grazie alla sua qualità, ha favorito l’espansione dell’industria della distillazione. Altro settore di impiego degli abitanti di Angera è il turismo, molto fiorente grazie alle bellezze naturalistiche e artistiche locali.
La massiccia Rocca che oggi si staglia sul piccolo golfo di
Angera è il risultato di ripetuti apporti architettonici, a
cominciare dai Romani, i quali posero le fondazioni del Torrione. A questi
seguirono i Longobardi, che costruirono le parti inferiori delle mura
ad est e a nord. I Visconti ripristinarono la Rocca dal 1317 al 1322,
anni in cui elevarono le mura esterne e il Torrione; nel 1350 eressero
l’Ala Viscontea e l’Ala Scaligera. Nel 1499 i Borromeo divennero
proprietari dell’edificio e ne fecero dimora principesca.
La Sala della Giustizia della Rocca è ricca di affreschi
del XIII raffiguranti le gesta vittoriose dell’arcivescovo Ottone
Visconti su Napo Ternani; è presente anche un affresco religioso,
a suo tempo prelevato dall’Oratorio di S. Bartolomeo, in cui figura
la Madonna col Bambino, circondata da Sant’Agnese, San Bartolomeo
e Sant’Ambrogio.
Il Santuario della Madonna della Riva è un notevole edificio religioso con una lunga storia ed è il risultato di diverse opere architettoniche. La costruzione ebbe inizio il 10 agosto 1622 ma rimase incompiuta a causa del fallimento del Banco di Santa Teresa. Seguirono altre aggiunte nel 1.735, tra cui il campanile; nel 1.943 vennero dipinti la facciata e gli affreschi interni, raffiguranti l'Incoronazione di Maria. Negli anni 1.980 – 81 venne restaurata la struttura interna, comprendente il coro e il presbiterio, elementi risalenti alla costruzione originaria. Di grande valore è l’immagine della Vergine con il Bambino del 1.443, che venne traslata dal muro originario su di una tela e posta definitivamente sull’altare. Molto importanti sono anche le tele che decorano le pareti e che un tempo rivestivano esternamente le ante dell’organo della chiesa prepositurale: la Visita di San Carlo alle Tre Valli appartiene a Camillo Procaccini, mentre l’Assunzione della Vergine e l’Ascensione sono del Morazzone.
16 febbraio 2014
Ciao a tutti!
Luca
Castiglione Olona