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Mesenzana sorge sulla vallata della Margorabbia, a pochi chilometri da Luino.
Non è chiara l’origine del nome: si è pensato di accostarlo al nome proprio “Massenzio”, ma è più probabile un riferimento a “massa”, cioè a podere.
La storia di Mesenzana è quella della Valtravaglia, ma il paese si è potuto distinguere tra gli altri della vallata grazie alla famiglia dei Da Mesenzana, possessori del castello di cui oggi la torre rimane la sola testimonianza visibile.
Questa famiglia ebbe l’incarico di amministrare il territorio in nome dei Signori di Milano e dal 1224 potè fregiarsi del titolo di dominus e ser, cosa rara che denota l’aver acquisito un notevole prestigio e potere.
Dalla casata dei Da Mesenzana provenivano molti notai del luogo, e canonici e prevosti delle pievi di Bedero e Cuvio. Il castello esisteva con certezza già nel XII secolo, perchè viene citata in antichi documenti la presenza al suo interno di un deposito per immagazzinare i prodotti agricoli; è inoltre ricordato negli Statuti della Valtravaglia del 1283: si parla espressamente del dovere di provvedere alla sua manutenzione e di porvi una guardia o un custode, pena il pagamento di una sanzione pecuniaria.
È inoltre previsto che i decani di Ferrera e Mesenzana devono pagare all’Arcivescovo di Milano soldi sei e denari sei all’anno.
Molto spesso le notizie sui paesi ci giungono grazie alle relazioni delle Visite Pastorali dell’Arcivescovo: quando il Cardinale Federico Borromeo, nel 1596, visitò questa zona, proibì al rettore della parrocchia di Mesenzana di amministrare i Sacramenti, permettendogli solo di celebrare la Messa, a causa della sua grave ignoranza.
Nel territorio di Mesenzana vi sono delle località dette Cavoi e Cavoiasca, oggi meta di piacevoli escursioni; un tempo erano abitate soprattutto da carbonai, e comunque il loro nome denota l’esistenza di un’antica attività estrattiva: anche il nome dell’abitato di Ferrera conferma questa ipotesi.
In effetti non mancano in questa zona i minerali di ferro, e la ricchezza dei boschi permetteva di avere una riserva inesauribile di legna per alimentare gli altiforni dell’epoca. In un documento del 1570 si ricorda l’esistenza di “cavalanti” addetti al trasporto del carbone al lago, diretto a mercati lontani.
Non si conosce il motivo per cui tale attività economica sia stata poi abbandonata.
Il paese fu colpito dalla peste nel 1630: fu costruito un lazzaretto fatto da capanne per accogliere gli ammalati. Rimane come ricordo della peste un affresco in una casa del paese, che ritrae un Cristo in croce circondato da appestati.
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